Medicina della Riproduzione: Evoluzioni Medico Scientifiche nel Trattamento dell’Infertilità di Coppia

È stato il tema del convegno organizzato a Caserta il 10 dicembre 2015 presso la Città della Medicina IATROPOLIS dal Dott. Raffaele Ferraro, fondatore e Direttore Scientifico della stessa struttura clinica di eccellenza, in collaborazione con il Direttore del reparto di embriologia Prof. Riccardo Talevi, embriologo e professore associato del Dipartimento di Biologia dell’Università degli Studi di Napoli - Federico II. 

La fisiopatologia della riproduzione umana, la farmacologia, il ruolo determinante dell’embriologia, delle biotecnologie e della psicologia clinica nella P.M.A. sono stati temi di un vivace ed interessante dibattito medico-scientifico, rivelatosi prezioso per informare i tanti medici partecipanti e sviluppando un confronto attivo sulle più recenti evoluzioni nel trattamento dell’infertilità di coppia, con particolare riferimento al ruolo dei polimorfismi nella P.M.A. La prima parte del convegno è stata dedicata alle Tecniche di PMA e Terapie di Stimolazione, Tecniche Genetiche di Pre-Impianto e Personalizzazione del Percorso Diagnostico-Terapeutico; alla quale hanno dato un valido contributo degli interventi del Dott. Raffaele Ferraro, dell Professor Riccardo Talevi, della Dott.ssa Francesca Caprio (Ginecologa S.U.N.). Nella seconda parte della giornata sono stati rappresentati esempi pratici delle tecniche applicate, quali: Supporto Tecnico al Monitoraggio Follicolare, Metodi Innovativi per la Selezione degli Spermatozoi, Analisi Computerizzata del Liquido Seminale e la Consulenza Clinico-Psicologica alla coppia infertile. 

Le relazioni sono state presentate dall’équipe medica della Città della Medicina IATROPOLIS, coordinata dal Dott. Raffaele Ferraro; sono intervenuti rispettivamente: la Dott.ssa Angela Prezioso (ostetrica), il Dott. Giuseppe Mondrone (biologo), la Dott.ssa Alessia Torre (biologa) e la Dott.ssa Lucia Anna Lombardo (psicologa e psicoterapeuta).
lunedì 11 gennaio 2016

Diagnosi Preimpianto pienamente legittima: non è più reato selezionare embrioni sani.

Lo scorso mese di novembre la Corte Costituzionale è intervenuta nuovamente sulla legge 40/2004 con la sentenza (229/2015): i giudici della Consulta hanno dichiarato illegittimo l’articolo 13 della legge che stabiliva il «divieto di sperimentazione sugli embrioni umani», in cui si contempla «come ipotesi di reato» la pratica di «selezione degli embrioni anche nei casi in cui questa sia esclusivamente finalizzata ad evitare l’impianto nell’utero della donna di embrioni affetti da malattie genetiche trasmissibili».

Nell’ambito delle tecniche di fecondazione assistita, la selezione degli embrioni non è vietata quando questi sono affetti da gravi malattie trasmissibili, ovvero da quelle patologie per le quali è autorizzato dalla legge 194 il ricorso all’aborto terapeutico («quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna»).

La Consulta aveva già stabilito in una recente sentenza l’illegittimità costituzionale della legge 40 sulla fecondazione assistita nella parte in cui vietava l’accesso alla fecondazione e alla diagnosi pre-impianto alle coppie fertili affette da gravi patologie genetiche. Cade così un altro antiscientifico divieto contenuto nella Legge 40/2004. In Italia, da mercoledì 11 novembre 2015, poter avere un figlio sano è un diritto riconosciuto.

La questione di costituzionalità era stata sollevata dal Tribunale di Napoli nell’ambito di un procedimento penale contro un gruppo di medici rinviati a giudizio con l’accusa di produrre embrioni umani con fini diversi da quelli previsti dalla legge 40/2004, effettuando una selezione eugenetica e la soppressione di embrioni affetti da patologie.

«Si tratta di una sentenza importante perché toglie finalmente ogni ombra dalla possibilità di effettuare la diagnosi pre-impianto - spiega Filomena Gallo, avvocato e segretario nazionale dell’Associazione Luca Coscioni -. Qui non si tratta di eugenetica, ma di tutela della salute della donna e dell’embrione stesso: cadendo il reato di selezione, la diagnosi pre-impianto è adesso pienamente legittima. In questo modo si evita che una donna possa vedersi impiantato un embrione malato con la eventuale prospettiva di un aborto.» (come è noto, la legge 194 si riferisce alla possibilità di abortire quando il concepito o il nascituro siano affetti da “rilevanti anomalie o malformazioni” che mettano in pericolo la salute psichica o fisica della madre).
Nel dichiarare che non è reato la selezione degli embrioni finalizzata a evitare l’impianto di quelli affetti da malattie gravi genetiche trasmissibili, la Corte Costituzionale ha giudicato però «non fondata» la questione relativa alla soppressione degli embrioni sollevata sempre dal Tribunale di Napoli.

La legge 40/2004 vieta e sanziona penalmente tale condotta, anche se riferita agli embrioni che, a seguito di diagnosi pre-impianto, risultino affetti da grave malattia genetica.
Resta dunque vietata la distruzione degli embrioni “non-sani” , perché, come ha aggiunto la Corte Costituzionale, “si prospetta l’esigenza di tutelare la dignità dell’embrione malato alla quale non può parimenti darsi, allo stato, altra risposta che quella della procedura di crioconservazione, poiché l’embrione non è certamente riducibile a mero materiale biologico“.

Gli embrioni malati dunque, e pure quelli sani e abbandonati, continueranno ad essere crioconservati all’infinito, a meno che, in un prossimo futuro un’altra sentenza demolirà anche questo divieto. D’altra parte, se un embrione sia vita o materiale biologico, è una domanda filosofico/scientifica molto dibattuta la cui risposta agita oggi molte coscienze. Sulla possibilità di destinare gli embrioni non idonei per una gravidanza alla ricerca ci sarà udienza il giorno 22 marzo 2016 in Corte Costituzionale. Da oggi quindi, ogni struttura pubblica o privato dovrà garantire la diagnosi pre-impianto alle coppie fertili e non, con malattie genetiche trasmissibili.

Cannabis - fattore negativo per la fertilità maschile

Uno dei fattore negativi per la fertilità maschile è sicuramente la Cannabis. Alcuni ricercatori dell’Università di Copenaghen, hanno condotto uno studio su questo argomento che è stato riportato anche sulla rivista scientifica Livescience. I risultati di questo studio, infatti, dimostrano che fumare cannabis più di una volta alla settimana può danneggiare significativamente la fertilità maschile, abbassando di un terzo la conta spermatica. Se poi c'è anche la combinazione con droghe più pesanti, come cocaina ed ecstasy, la fertilità risulta dimezzata.

Per studiare gli effetti della cannabis, i ricercatori dell’Università di Copenaghen hanno coinvolto 1.215 giovani danesi tra i 18 e i 28 anni, analizzando liquido seminale e sangue: hanno sostenuto un esame fisico e risposto ad un questionario sulle loro tendenze nel consumare droghe nei tre mesi precedenti. Da questi dati è emerso che il 45% ha fumato marijuana negli ultimi 3 mesi; circa il 10% ha fumato cannabis combinandola con altre droghe.

I soggetti che fumavano regolarmente cannabis, presentavano una concentrazione di spermatozoi del 29% inferiore rispetto a quelli che non la fumavano. La situazione peggiorava quando la cannabis veniva  consumata insieme ad altre droghe: la concentrazione di spermatozoi risultava diminuita del 55%. Gli studiosi hanno anche osservato che i fumatori di cannabis hanno livelli più alti di testosterone e hanno la tendenza a fumare sigarette, bere alcool, e caffeina, che sono altri fattori di rischio per la fertilità.

L’associazione tra uso di cannabis e psicosi dimostra che tanto più prematura è l’uso della sostanza, tanto negativi sono gli effetti sulla salute mentale. Un adolescente su quattro che utilizza cannabis, sembra inoltre sviluppare una dipendenza. In pratica la natura del cervello degli adolescenti porta i giovani che fanno uso di cannabis, particolarmente a rischio di sviluppare una dipendenza e di avere effetti negativi a lungo termine sia per la salute, come una compromessa fertilità, che comportamentali.
Tag :

Identificati i geni che regolano l'età della menopausa

Uno studio coordinato da ricercatori delle Università di Cambridge e  di Exeter, pubblicato su “Nature Genetics”, ha scoperto che l’età in cui una donna va in menopausa è regolata da 44 regioni del DNA, la maggior parte delle quali contengono geni destinati a riparare vari danni al genoma che si possono formare con il passare del tempo; Inoltre ha anche fornito la prima prova genetica dell’esistenza di un collegamento – già rilevato in precedenti studi osservazionali – tra i tempi della menopausa e lo sviluppo del cancro al seno. Lo studio ha coinvolto ben 177 istituzioni universitarie e mediche di tutto il mondo che hanno analizzato il genoma di 70.000 donne di origine europea.
Con l’avanzare dell'età il DNA subisce numerosi danni, legati a errori di trascrizione, a fattori casuali e all’azione di sostanze tossiche. Le cellule hanno diversi meccanismi riparatori, ma se i danni sono troppi, la cellula degenera. Poiché  i processi di danno e riparazione interessano anche le cellule che generano gli ovociti, una maggiore efficienza dei geni che presiedono ai meccanismi di riparazione del DNA si traduce in una maggiore longevità di queste cellule, in un più ampio pool di ovociti e quindi in un ritardo della menopausa. Infatti, le donne fumatrici vanno in menopausa in media da uno a due anni prima delle non fumatrici.

“Diverse donne oggi scelgono di avere una gravidanza più tardi nella vita, ma possono avere difficoltà a concepire naturalmente perché la fertilità inizia a diminuire almeno dieci anni prima della menopausa”, ha detto Anna Murray, coordinatrice dello studio. “La nostra ricerca ha aumentato considerevolmente la comprensione del meccanismo dell’invecchiamento riproduttivo nelle donne, e speriamo che questo possa portare allo sviluppo di nuovi terapie per evitare la menopausa precoce". Ma la ricerca ha anche trovato una conferma genetica al fatto che quanto prima arriva la menopausa naturale (ossia, in assenza di fattori tossici, come il fumo, che la anticipano), tanto minore è il rischio di cancro al seno. Ogni anno di “ritardo” della menopausa, stimano i ricercatori, aumenta il rischio di sviluppare il cancro al seno del sei per cento.
Questi dati sono solo apparentemente in contraddizione con il fatto che all’allungamento del periodo fertile concorre l’efficienza dei meccanismi di riparazione del DNA, che hanno un ruolo protettivo nei confronti dello sviluppo dei tumori. Lo studio dell’associazione fra varianti genetiche e rischio di cancro al seno ha infatti mostrato che l’aumento del rischio non è legato al gruppo di geni di riparazione ma a diversi altri geni coinvolti con il ritardo della menopausa, e al maggiore periodo di esposizione dell’organismo ad alti livelli di estrogeni che questo comporta.
domenica 29 novembre 2015
Tag :

Il ruolo del sistema endocannabinoide nella fertilità maschile

La spermatogenesi, il processo di formazione delle cellule germinali maschili (spermatozoi), risulta essere sempre più alterata in quanto è ormai confermato che negli ultimi anni c’è un drastico aumento dell’infertilità di coppia dovuta a cause maschili: oligospermia (diminuzione della normale concentrazione di spermatozoi, meno di 20 milioni) o azospermia (totale assenza di spermatozoi). 

Alcuni casi sono di origine genetica oppure attribuibili a malformazioni anatomiche, ma la maggior parte dei casi è di tipo idiopatico. Negli ultimi anni sta acquisendo una notevole importanza il sistema endocannabinoide (ECS); un sistema endogeno formato dai suoi recettori (CB) e dai suoi ligandi o endocannabinoidi che sono dei mediatori lipidici. Questi mimano gli effetti farmacologici del Δ9- tetraidrocannabinolo 9-THC), il fitocannabinoide farmacologicamente più attivo e principio attivo della Cannabis sativa. A seconda del tipo cellulare, della dose e dello stato dell’organismo, l’attivazione dei recettori CB può causare una moltitudine di effetti. 

Questo sistema è stato scoperto in seguito allo studio degli esiti provocati dall’assunzione di cannabis ed è emerso che questi recettori, distribuiti in quasi tutto l’organismo, sono capaci di legare anche questi “ligandi esogeni” o cannabinoidi, aventi un’intensa affinità di legame con i recettori CB. I recettori dell’ECS finora conosciuti sono il recettore di tipo-1 (CB1) ed il recettore di tipo-2 (CB2); il CB1 è espresso sia nel sistema nervoso centrale (SNC), nei tessuti periferici e neurologici, sia a livello dell’apparato riproduttivo come ovaio e testicolo. Il CB2 è espresso anch’esso a livello dei tessuti riproduttivi e nelle cellule neuronali, ma soprattutto nel sistema immunitario. 

In passato si è evidenziato un coinvolgimento del sistema endocannabinoide, nell’acquisizione della motilità da parte degli spermatozoi e nella reazione acrosomiale, senza la quale non può esserci la fecondazione. Negli ultimi anni è stato invece dimostrato il ruolo chiave di questo sistema nella spermatogenesi. E’ emerso che le cellule germinali hanno un proprio sistema endocannabinoide completo e che tra i due recettori principali, il recettore CB2 è coinvolto nel processo meiotico, attraverso cui i precursori degli spermatozoi, gli spermatogoni, differenziano in spermatidi, uno stadio più avanzato che porta poi alla formazione definitiva dello spermatozoo nel processo finale di spermiogenesi. 

Tutto questo ci fa intuire che molto probabilmente il normale funzionamento dell’ECS può essere alterato da segnali diversi provenienti dall’assunzione della cannabis, alterando la fisiologica spermatogenesi e quindi la fertilità maschile. Forse queste nuove scoperte saranno una nuova presa di coscienza che l'infertilità maschile può essere influenzata da alcuni stili di vita come l'abuso di cannabis.
lunedì 23 novembre 2015

Pesticidi nella frutta e verdura riducono la fertilità maschile

I ricercatori del Dipartimento di Nutrizione ed Epidemiologia della Harvard T. H Chan School of Public Health di Boston (Stati Uniti) hanno svolto uno studio su 155 uomini con problemi di fertilità per 18 mesi. Comparando la quantità e il tipo di vegetali consumati con gli esami del liquido seminale, si è visto che, chi assumeva più di una porzione e mezza al giorno di frutta e verdura con alti livelli di pesticidi, aveva il 49% di spermatozoi in meno di chi ne consumava di meno. È risultato compromessa anche la morfologia degli spermatozoi, con ridotte probabilità di concepimento.

Lo studio, quindi, accerta per la prima volta che i pesticidi presenti in frutta e verdura abbassano la fertilità maschile e che, esiste una relazione fra pesticidi e qualità del liquido seminale. Affiora anche che il danno è correlato alla quantità e al tipo di frutta e verdura consumate. Infatti il Dipartimento dell’Agricoltura Americano pubblica ogni anno le tabelle sul contenuto di pesticidi per ogni tipo di frutta e verdura.

La frutta e la verdura in realtà proteggono la fertilità maschile perché hanno alti livelli di antiossidanti: sono consigliate 5 porzioni al giorno, variando il più possibile la tipologia. I vegetali che contengono meno pesticidi sono i piselli, i fagioli, il pompelmo e la cipolla. Livelli elevati di residui sono presenti invece nei peperoni, negli spinaci, nelle fragole, nelle mele e nelle pere.
Per difendersi dai pesticidi, possiamo adottare delle precauzioni? Queste semplici, ma importanti azioni cautelative, riducono il rischio di inquinamento del corpo e, quindi, dell’apparato riproduttivo maschile:
- Variare la dieta: alternando verdura e frutta di tipo diverso si è meno esposti agli stessi pesticidi, evitando l’effetto accumulo.
- Lavare con cura sotto l’acqua corrente frutta e verdura per pulire i residui depositati in superficie.
- Lasciarle a mollo in acqua e bicarbonato.
- Sbucciare la frutta per eliminare quasi completamente tutti i residui.
giovedì 12 novembre 2015

Fumo in gravidanza e sindrome da astinenza nel neonato

Il fumo di tabacco da parte delle donne in gravidanza espone i nascituri alla nicotina, con la possibilità che essi manifestino, alla nascita, i segni della sindrome da astinenza (irritabilità, tremore, turbe del sonno). A lungo termine, invece, il tabacco può causare deficit comportamentali, un quoziente intellettivo più basso ed un disturbo da deficit di attenzione. 

Uno studio condotto dal Dr. Óscar García-Algar del Dipartimento di Pediatria dell'Ospedale del Mare di Barcellona ha evidenziato che, in bambini nati da madri che hanno fumato in gravidanza, la manifestazione di sintomi come irritabilità e tremore entro le prime 24-48 ore dalla nascita è correlata alla concentrazione di nicotina rilevata nelle urine e nei capelli dei neonati.

Con la nascita, infatti, il neonato non è più esposto alla nicotina contenuta nel sangue materno e, per questo motivo, sperimenta una vera e propria sindrome da astinenza dopo uno o due giorni. 
Un fenomeno analogo si presenta quando una madre che fuma durante il periodo dell'allattamento smette di allattare il proprio bambino, anche se con effetti minori rispetto all'assunzione di nicotina in gravidanza. In questi casi i sintomi dell'astinenza compaiono spesso subito dopo lo svezzamento, e vengono quindi confusi con coliche.

Il consumo di tabacco in gravidanza trasforma praticamente il feto in un fumatore passivo, esponendolo a tutti gli effetti nocivi del fumo e all'aumento del rischio di sviluppare asma bronchiale, infezioni respiratorie, deficit neurologici e cardiaci.

Le fumatrici gravide hanno inoltre una maggiore probabilità di dare alla luce neonati di basso peso, in quanto la nicotina ha un potente effetto vasocostrittore che comporta una riduzione dell'apporto di sangue alla palcenta, mentre studi epidemiologici hanno rilevato un'associazione tra il fumo passivo e la "morte improvvisa del lattante" (anche conosciuta come "morte in culla" o "SIDS"), ritenendolo quindi una delle cause che concorrono all'insorgenza di questa temibile sindrome. 
   
Alla luce di questi dati, è giusto che le fumatrici gravide siano informate di tutti i potenziali rischi che il fumo in gravidanza comporta per la salute del proprio bambino. E' necessario innanzitutto che, sia la donna gravida che il partner abbandonino l'abitudine al fumo e, in secondo luogo, evitare il più possibile l'esposizione del nascituro ad ambienti contaminati dal fumo di tabacco.   

Circolazione Sanguigna nel feto.

Dal momento della nascita, il nostro organo cardiaco ha la funzione di introdurre il sangue povero di ossigeno, di rientro dalle vene cave, nelle arterie polmonari che lo portano ai polmoni; qui, il sangue si carica di ossigeno e ritorna al cuore attraverso le vene polmonari, per essere distribuito nei vari organi e tessuti del corpo attraverso l'aorta e le sue ramificazioni.
Se questo meccanismo inizia alla nascita, nel feto cosa accade?
Innanzitutto, essendo nell'utero materno, il feto non ha la possibilità di respirare tramite i propri polmoni (e quindi di ossigenare il sangue) e, pertanto, è la madre a fornirgli il sangue ossigenato.
Il sangue materno, ricco di ossigeno, arriva nel nostro corpo attraverso la vena ombelicale, la quale riversa il proprio contenuto nella vena cava inferiore con cui è in collegamento. La vena cava inferiore termina, come di consueto, nell'atrio destro, quindi, si avrà che il sangue ossigenato raggiunge il cuore attraverso una via diversa da quella "canonica" descritta in precedenza.


Una volta giunto nell'atrio destro, il sangue ossigenato fluisce solo in minima parte nel ventricolo destro, in quanto imbocca una piccola apertura situata tra atrio destro e atrio sinistro, chiamata foro di Botallo

Con il passaggio diretto dall'atrio destro all'atrio sinistro, il sangue ossigenato è già pronto per immettersi nell'aorta e, da qui, distribuirsi nei vari organi del corpo.
venerdì 30 ottobre 2015

Copyright © Dr. Raffaele Ferraro - Ginecologo ♂♀ - Vietata la copia | In collaborazione con Medicina Channel